Una volta era facile...
C'erano solo 3 classi di carte, e per ognuna di esse la norma 12647-2 indicava chiaramente a quale densità si dovevano stampare i colori pieni, al fine di ottenere in stampa quella specifica curva d'ingrossamento del punto (TVI), relativa alla lineatura di stampa ed al tipo di carta in uso.
Semplice, lineare... il macchinista col suo densimetro doveva solo leggere le tacchette dei pieni per ogni colore per ogni calamaio e, se le lastre erano calibrate correttamente, la maggior parte dell'avviamento era fatto. Un valore per ogni colore, quindi 4 letture moltiplicate per i calamai della macchina da stampa. La tabella della norma era questa:
Si, lo ammetto, questo tipo di calibrazione consentiva un ampissimo margine d'errore, dovuto inevitabilmente al tipo di supporto in uso ed alla tecnologia dello strumento usato. Perché, siamo onesti, lo sappiamo tutti che ISO classificò le carte in sole tre tipologie, ma le carte disponibili sul mercato erano già molte di più... e negli anni successivi divennero decisamente ancora di più. Quindi quei riferimenti andavano bene, diciamo così... "all'incirca".
Tutto funzionò più o meno bene fino al 2007 !
Cosa successe nel 2007 ?!?? Con la revisione datata 2007, il comitato TC130 decise che la misurazione in densità non era più sufficientemente esatta per definire il colore delle tinte piene. La tecnologia nel frattempo si era evoluta, diventò possibile definire un colore con molta più precisione leggendolo con uno spettrofotometro ed utilizzando i valori L*a*b* letti dallo strumento. La nuova tabella rilasciata fu questa:
Tutto molto bello, ma ... le carte passarono da 3 a 5, ed i valori da misurare passarono da 1 a 3 per ogni colore (ossia dal valore di Densità ai valori di L*a*b*). Il tutto moltiplicato per i calamai della macchina da stampa. Questo non è un problema se avete uno strumento di lettura automatico che fa tutto da solo, ma capite bene che se la cosa viene fatta a mano... si complicano decisamente le cose.
Inoltre lo strumento da usare deve essere uno spettrofotometro e non un densitometro. "Ok, compriamo allora un nuovo strumento!" - direte voi ... già, peccato che la maggior parte degli stampatori va ancora avanti con i densitometri, e poi se avete un lettore automatico da banco che monta un densitometro (e che certamente è costato un occhio della testa), che si fa ? Si butta ?!???
Siamo quindi arrivati al nodo di questo post, le giuste domande da porsi sono le seguenti:
"Perché nessuno mi dice più a che densità devo stampare?"Lo stesso approccio di "definizione dei colori espressi in L*a*b*", ed "uso del densitometro come strumento di controllo da usare in produzione", è valido sia per la stampa Offset che per quella Flexo.
[ML] Te l'ho appena spiegato... perché le letture di un colore fatte usando una curva spettrale (quindi con lo spettrofotometro) sono molto più accurate della medesima lettura fatta in densità. Quindi la norma definisce i valori da ottenere sullo stampato in L*a*b* e non più in Densità.
"Ah... ma io ho in casa solo un densitometro. Come faccio ad allinearmi alla nuova norma?"
[ML] In pratica devi fare un pre-avviamento di prova, leggendo i pieni con lo spettrofotometro. Quando hai ottenuto in stampa i valori L*a*b* desiderati, ti fermi, prendi il foglio campione, prendi il densitometro e fai le letture densitometriche sul foglio campione. I valori letti saranno le tue densità di riferimento per quella tiratura.
"Quindi lo spettrofotometro mi serve in ogni caso?"
[ML] Si. Serve per trovare le giuste densità di stampa che poi terrai sotto controllo durante la tiratura, usando il densitometro.
"Questa metodologia è approvata dalla ISO?"
[ML] No, non è specificato nella norma, ma molti stampatori lavorano così.
Buona misurazione.
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