18.12.24

σ (sigma), questo sconosciuto

Se vi dico Sigma ... cosa vi viene in mente?

  1. un nuovo modello di macchina elettrica.
  2. un teleobiettivo reflex professionale di fascia alta.
  3. la diciottesima lettera dell'alfabeto greco.
  4. un metodo statistico per capire meglio se le misurazioni effettuate si avvicinano alla media della popolazione delle misurazioni (anche chiamato: scarto quadratico medio).
  5. oppure il vostro supermercato di fiducia che avete sottocasa.

Chi mi conosce sa probabilmente della mia "nerditudine" intrinseca a certi argomenti, indi per cui quando si parla di Sigma io penso subito all'opzione numero 4, ossia allo scarto quadratico medio. Anche perché 4 è il mio numero preferito.

Ah... spoiler-time! Se ti infastidiscono i numeri, “skippa e vai oltre”, non mi offendo. (semicit. Caparezza) 😉


Leggendo questo interessantissimo post di Eddy Hagen :

https://www.insights4print.ceo/2024/12/is-print-quality-control-russian-roulette/

mi sono detto:

"...hm ... tutto ciò è molto interessante, ma Mr. Hagen in questo articolo non fa cenno al Sigma insito nelle sue misurazioni ... quanto sono significative le misure effettuate? Perché non proviamo ad applicare anche in questo caso lo scarto quadratico medio?".

Quindi, visto che Mr. Hagen (lo chiamo così per rispetto) non è l'unico ad avere del tempo da perdere su certi argomenti… detto-fatto... ho preso le sue misurazioni ed ho calcolato alcune cose, del tipo.

Partendo dai suoi dati:

Ho fatto un grafico della Popolazione dei dati:
Da questo grafico possiamo già vedere come i ∆E₀₀ siano sufficienti (abbastanza? non so, vedremo poi) per fare un minimo di statistica, sono 78 per l'esattezza, e di come questi siano molto variegati fra loro (troppo variegati?). La linea gialla rappresenta la media della popolazione misurata (Mean).

Poi ho sistemato i campioni in ordine crescente e raggruppati per classi:

Da questo grafico possiamo vedere come i ∆E₀₀ siano abbastanza ben distribuiti fra inferiori a 2 e superiori a 2.

...perchè parli di 2∆E₀₀ ?

In questa fase ho considerato 2∆E₀₀ come spartiacque perché questo è quel valore che la leggenda metropolitana indica come valore “assoluto” sotto al quale tutto è perfetto e sopra il quale tutto diviene "inaccettabile". In realtà Mr. Hagen (ed anche le norme ISO) ci ha ben spiegato nei suoi post che, nel mondo reale, le cose non stanno proprio così.

...si ok Mauro... ma quanti valori misurati sono sotto il 2 e quanti sopra il 2?

Hey .. un attimo, ci sto arrivando... Innanzitutto dobbiamo considerare che i dati considerati sono solo 78, la loro media è 2, 15, la mediana è 2,11 e ... Sigma è 1,18. 😉


...Mauro che noia! Cosa ci importa di SIGMA!!!... quanti valori sono sopra il 2 quindi inaccettabili????

Calma ... calma... spartire semplicemente i ∆E₀₀ fra "buoni e cattivi" (ossia fra sotto il 2 e sopra il 2) ci porterebbe quasi sicuramente fuori strada.
Infatti se procedessimo in questa analisi tranchant ci risulterebbe che il 50% della popolazione è inferiore a 2, mentre l'altro 50% è superiore a 2; ed, insomma, un rapporto 50 su 50 è un risultato un tantino scarsino per essere accettato in una produzione industriale, non vi pare?

...si Mauro ... le misure fanno schifo! La stampa è inaccettabile!

Ni ... non è proprio così se… se teniamo in considerazione SIGMA, ossia lo scarto quadratico medio!

Ora, non voglio qui tediarvi con della noiosissima quanto interessantissima teoria che, se volete, potete benissimo approfondire qui:


e qui:


Quindi, ora, dopo aver letto tonnellate di teoria, ed aver chiarito il concetto di Sigma e delle sue innumerevoli applicazioni (che possiamo vedere ben schematizzate in questo grafico):

(immagine tratta da: unovirgolasei.eu)

...bene, ora chiediamoci; quanti di quei 78 valori misurati da Mr. Hagen rientrano in +/-1σ = 2σ ?
L'ho calcolato qui:

In effetti molti valori rientrano nel range 2σ, per la precisione il 60%
Ed addirittura il 90% dei valori rientrano nel range 3σ. 
Certo, dobbiamo anche tenere in considerazione che la popolazione misurata è abbastanza esigua e che la Curtosi della curva (pari a -1,10) ci indica una significativa variabilità dei campioni.

Curticosa? Ma insomma Mauro, cosa possiamo trarre da questa estenuante filippica?

Beh... in primo luogo possiamo dire che la maggior parte dei ∆E₀₀ misurati da Mr. Hagen si avvicinano molto ad una tolleranza di produzione di 2σ. Quindi i dati tutto sommato non sono poi così malaccio.
E poi, mi viene da pensare, se avessimo effettuato ad esempio 50 misurazioni e non solo 12, secondo voi cosa sarebbe successo? Avremmo ottenuto dei risultati migliori o peggiori?

Ricordiamoci che misure con ∆E₀₀ alto sono dovute prevalentemente alle difformità del supporto stampato ed alla variabilità del processo stesso di stampa.
(immagine tratta da: https://www.insights4print.ceo/)

Io ho la netta sensazione (magari sbagliata) che all’aumentare della popolazione possano attenuarsi le isterie delle misurazioni dovute alle difformità del supporto stampato, questo per il semplice fatto che tali difformità dovrebbero essere in numero inferiore rispetto alle zone “buone” del prodotto stampato, quindi all’aumentare delle misure avremo con più probabilità dei campioni con ∆E₀₀ basso piuttosto che alto. Se le difformità di stampa non sono molto frequenti, all’aumentare dei campioni misurati, miglioreremo la Curtosi della curva. Ma chi può dirlo? Questa mia é solo una ipotesi.

Questo mio post sposta in qualche modo le conclusioni tratte da Mr. Hagen sul controllo di qualità e sulla roulette russa? Non proprio, al massimo cerca di approfondirle ulteriormente, ma lascio a voi ogni ulteriore considerazione del caso.

Buona misurazione.


P.S. Io NON sono uno statistico né ho mai studiato statistica, mi ritengo un semplice appassionato dei numeri, quindi ogni suggerimento su come meglio interpretare questi valori è sempre ben accetto.

12.12.24

Che angoli di retino usi in Flexo?

(immagine da www.flexo.expert)
 

Mi hanno detto: “Io in flexo stampo il Magenta a 52,2° 

SBAGLIATO!

In una circonferenza trigonometrica, lavorando nel primo quadrante (ossia quello in alto a destra), l’angolo del Magenta flexo é 22,5° se usiamo il sistema navigazionale dove il grado 0° é posto a Nord e gli angoli sono espressi in senso orario.
Oppure é l’equivalente 67,5° se usiamo il sistema Cartesiano dove il grado 0° é posto ad Est e gli angoli sono espressi in senso antiorario.
In termini di punti di retino e di Rosetta di stampa entrambi i sistemi danno esattamente i medesimi risultati in quanto rappresentano la stessa geometria, vedi immagine sotto:




Tutti i RIP/Workflow usano lo stesso metodo di calcolo per le angolazioni di retino?
NO, ad esempio Prinergy usa il metodo navigazionale, mentre Esko usa il metodo cartesiano. Questo porta sovente a fraintendimenti fra chi lavora in prestampa.

Come facciamo ad evitare l'effetto moiré?
Per ridurre al minimo l'effetto moiré, gli angoli di retino devono essere quanto più distanti possibile fra loro. In un quadrante abbiamo a disposizione 90°, suddivisi per 3 colori fanno una distanza massima possibile di 30° fra i colori.
Ricordiamoci che in flexo tutti gli angoli vengono traslati di +/-7,5° per evitare interferenze con il retino dei rulli anilox, solitamente aventi geometria esagonale a 60°.
Questo è il motivo per cui gli angoli suggeriti in flexo sono i seguenti nel sistema Navigazionale:
  • Magenta 22,5° (=30 – 7,5)
  • Black 52,5° (=22,5 + 30)
  • Cyan 82,5° (=52,5 + 30)
  • Yellow 7,5°
Oppure gli equivalenti nel sistema Cartesiano:
  • Magenta 67,5°
  • Black 37,5°
  • Cyan 7,5°
  • Yellow 82,5°
Perché il nero sta nel mezzo (a 45°)?
Tradizionalmente il colore nero, in quanto più scuro degli altri, viene posto esattamente a metà quadrante ossia 90 / 2 = 45°, che poi traslati di 7,5° diventano 52 ,5°.

Perchè il Giallo non ha una distanza di 30° rispetto ai colori più vicini? Questo non causa moiré?
Perchè abbiamo già utilizzato tutti i 90° disponibili in un quadrante (ossia 30 + 30 + 30) per posizionare il Ciano, il Magenta ed il Nero il più possibile distanti fra loro, 
Il Giallo è il colore meno visibile e "più chiaro", questo è il motivo per cui non ha una distanza di 30° rispetto agli altri colori, ma una distanza di soli 15°. Anche nel caso in cui questo possa produrre del moirè, questo sarebbe meno visibile per via del colore chiaro del Giallo. Ultimo ma non meno importante, solitamente i RIP applicano al canale del Giallo una lineatura leggermente più alta di quella degli altri canali, sempre per ridurre al minimo ogni possibile effetto moirè. Tradizionalmente (nella stampa offset) il Giallo viene posto a 0°, +7,5° per l'applicazione flexo, lo posiziona appunto a 7,5°.

Angoli diversi possono essere ottenuti lavorando negli altri quadranti (Q1, Q2, Q3 o Q4). Per esempio il Magenta flexo (Navi) può essere impostato a: Q1: 22, 5° – Q2: 112,5° – Q3: 202,5° o Q4: 292,5° .
Dal punto di vista dei punti di retino e della rosetta TUTTE queste inclinazioni daranno esattamente i medesimi risultati, in quanto essi rappresentano sempre la stessa geometria semplicemente misurata in quadranti diversi.

Questa filippica solo per dire che... si, molto probabilmente i vostri angoli di retino sono impostati correttamente nel vostro RIP (a meno che non abbiate pasticciato con gli angoli).  😊

Se volete giocare con gli angoli e trovare immediatamente gli angoli di default o gli angoli equivalenti, potete usare FlexoCalculator, troverete il convertitore degli angoli nella sezione "Conversioni".
 


Buona applicazione degli angoli di retino.

14.11.24

Flexo Calculator mobile 1.3.7


FlexoCalculator mobile 1.3.7 nuove funzionalità.

Sezione Distorsione:

  • Rimosso un bug che causava il crash della app.

Sezione Conversioni:

  • conversione dpi<->d/cm: aggiunti gli snap alla slidebar per i valori più comuni. 
  • conversione lpi<->l/cm: aggiunti gli snap alla slidebar per i valori più comuni.
Link all' App Store:
https://itunes.apple.com/it/app/flexocalculator/id1325603568

Buon download.

6.10.24

Le AI nel 2024 - intervento al Web3 del Dr. Richard Stallman


Web3 Summit 2024
August 19-21 Funkhas Berlin
Dr. Richard Stallman – Closing Keynote

(video in inglese)
https://www.youtube.com/watch?v=tqgUGbZdyHs

(video con sottotitoli in italiano)
https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=C_Dh9DkHJPM


min 3:53 – 8:03

[…] ci sono vari tipi di intelligenza artificiale che all’interno di domini specifici possono capire un problema e capire come ottenere la risposta corretta per quel tipo di problema, allo stesso modo in cui, solitamente, gli esseri umani sono in grado di farlo, più o meno. Ma un tipo di programma che non possiamo definire “intelligenza” sono gli LLM (Large Language Models), perché l’intelligenza implica la comprensione, e questi programmi LLM generano solo output, ma non hanno comprensione alcuna sugli output generati. Pensano solo all’uso delle parole, quindi non dobbiamo meravigliarci se gli output generati sono molto spesso falsi o senza senso. Gli output saranno certamente corretti grammaticalmente ma il loro contenuto potrebbe non avere senso alcuno e fare riferimento ad eventi fittizi come se fossero eventi del tutto reali. Eppure, noi la chiamiamo “Intelligenza Artificiale”, e la maggior parte delle persone pensano che gli output generati siano del tutto veri ed affidabili e ci credono, anche se questi software non hanno alcuna idea su cosa sia vero e cosa sia falso, non capiscono le dichiarazioni che generano, quindi non dovremmo chiamarli AI. Io non lo faccio mai. A volte li chiamo generatori di bullshit (bullshit  = stronzate). Il termine bullshit chiarisce che la AI produce output in modo del tutto indifferente sulla veridicità degli stessi. Certo, se non è in grado di capire la veridicità di una frase, non può certamente essere altro che indifferente rispetto alla frase creata. Ed è così che queste AI funzionano. Ci sono anche esseri umani che producono frasi bullshit anche se dovrebbero presumibilmente essere in grado di capirne la veridicità o la falsità, ma non gli importa. […] ad un programma che non ha alcuna idea se ciò che afferma sia vero o falso, di certo non può importare la veridicità o la falsità di quello che afferma. Quindi sappiamo per certo che quei generatori di bullshit (stronzate) non sono “intelligenza”. Semplicemente non capiscono.

[…] Un servizio od un sito web non dovrebbe usare mai un generatore di stronzate, od affidargli qualsiasi lavoro che dipenda da accuratezza o validità o verità, perché qualcosa potrebbe andare storto, e questo capita più spesso di quanto non si pensi. Quindi è una cosa molto negativa spacciare un sito web od un programma come “SMART” per il semplice fatto che esso stia usando un generatore di stronzate, anche se le risposte ottenute possono essere scritte in un buon inglese.

[…] Le stronzate vanno bene quando sono considerate come umorismo, ma una stronzata diventa pericolosa quando viene spacciata come verità. Se gli output delle AI fossero interspaziati con linee che dicano: “quello che state leggendo è stato creato da un generatore di stronzate. Nulla di quello che state leggendo è verificato.” allora anche gli output delle AI potrebbero essere innoqui. Ma non ne sono del tutto sicuro.

[…] Dopotutto come li chiamiamo non cambia quello che sono. Se li chiami generatori di stronzate oppure AI, questo non cambierà quello che sono, qualunque cosa essi siano, rimarranno sempre la stessa cosa. Ma quello che la gente si aspetta da loro sarà diverso. La pratica di chiamare questi programmi intelligenti, e di ripeterlo in continuazione molte volte al giorno, conduce la maggior parte delle persone involontariamente ad assumere che sia vero, che siano realmente intelligenti. Ecco perché fa differenza come li chiamiamo. Per questo non basta dire: si, li chiamiamo AI ma sappiamo che non sono intelligenti, però poi continuiamo a chiamarli AI. Se vogliamo cambiare la percezione di come il pubblico possa percepire le AI, dobbiamo sentirlo. Ogni volta che la gente parla con noi di queste cose e le chiama AI, dobbiamo ricordargli che sono in errore e che queste non sono per nulla intelligenti come loro pensano.

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Note aggiuntive:
-tutte le AI sono totalmente influenzate dai dati che i loro creatori hanno utilizzato per istruirle, quindi le loro risposte non sono mai totalmente esaustive né imparziali.
-in ambito di programmazione le AI sono solo dei riutilizzatori di software già esistente. Per creare quello che gli avete chiesto prendono pezzi di codice un po’ qui un po’ là per poi riorganizzarlo e riproporvelo come nuovo software generato dalla AI.

Buona visione.

5.2.24

Il cortocircuito dell’ AI e della proprietà intellettuale

A 3D image of interlinked sheets of binary code resembling the shape of a glowing neuron

È una cosa sacrosanta.
Il diritto di veder riconosciuta da tutti la peternitá del proprio lavoro di concetto, è uno dei capisaldi che stanno alla base di questa nostra società infocentrica.

Immaginate per un attimo un mondo privo di ogni diritto sulla proprietà intellettuale; un mondo dove ognuno possa essere libero di attingere a piene mani dalle altrui opere, rielaborandone i contenuti alla bisogna al fine di potersene poi attribuire una nuova “paternità generativa”; il tutto senza mai essere obbligati a fare il benché minimo accenno sulle fonti dalle quali ci si è abbeverati.

Ebbene credo che anche voi troviate visceralmente ingiusto un mondo simile, un mondo dove le persone con fantasia verrebbero costantemente “derubate” dei frutti del loro genio da altre persone non particolarmente dotate di genialità propria, ma abilissime nel vile processo di sottrazione-intellettuale e di ricamuffamento dei contenuti.

É giusto quindi che il diritto civile protegga, o cerchi di proteggere per quanto possibile, la proprietà intellettuale dei singoli individui. É giusto quindi, e comunemente accettato da tutti, che non possiate caricare su YouTube un video che contiene musiche la cui proprietà intellettuale non vi appartenga.
É giusto quindi che non possiate utilizzare per fini speculativi immagini, disegni e fotografie la cui proprietà intellettuale non vi appartenga.
È giusto quindi che non possiate pubblicare dei libri contenenti testi “presi” dagli scritti di altri autori (se non a seguito di una doverosa quanto esplicita indicazione delle fonti).

É tutto giusto e sacrosanto… ma… tutto ciò sembra non valere per le AI.

Le AI non hanno alcuna fantasia, non dispongono d’immaginazione ed, a dispetto dell’aggettivo “generative” attribuitogli dai loro creatori col solo fine di renderle così più “cool”, le AI restano sempre e soltanto stupide macchine aggregative. Il risultato dei loro elaborati sonori/grafici/letterari altro non sono che l’aggregazione di moltissimi dati processati da elaboratissimi algoritmi di calcolo; algoritmi capaci di assemblare un risultato ben strutturato e di proporcelo in modo che a noi umani sembri essere pseudo/nativo, ma il cui contenuto in realtà altro non è che la rielaborazione di qualcosa creato da altri soggetti, loro sì dotati al contrario dell’AI, di fantasia ed immaginazione; fantasia messa a disposizione di questi algoritmi di AI sotto forma di enormi database capaci di contenere una quantità pseudo-infinita d’informazioni multimediali. Tali algoritmi di AI non sarebbero in grado di generare alcunché senza avere accesso a questa enorme mole di dati creativi messigli generosamente a disposizione da noi tutti.

Per scrivere questo breve post ho dovuto percorrere un, anche seppur breve, processo creativo. Ho dovuto prima immaginare lo scheletro dei concetti che volevo esprimere, ne ho poi steso una prima bozza, l’ho riletta svariate volte correggendone i termini usati in precedenza, correggendone la punteggiatura e la grammatica, modificandone nel mentre la struttura narrativa al fine di suscitare nel lettore quelle emozioni che mi hanno spinto nel processo di creazione stesso. Questo processo di creazione ed esplicitazione delle idee mi ha anche indubbiamente aiutato a ripensare/rivedere e rimettere a fuoco alcune delle mie convinzioni iniziali sull’argomento, costringendomi così in modo del tutto positivo a ricominciare daccapo ad ogni rilettura, immergendomi così in quel vorticoso processo autogenerativo proprio dell’io interiore che ci spinge a rileggere e risistemare ripetutamente i contenuti dell’opera fintantoché esso non si senta del tutto appagato dal risultato ottenuto.

Per scrivere questo breve post posso stimare di aver impiegato approssimativamente un paio d’ore, certo non continuative ma sommando i vari ritagli di tempo fra un’incombenza e l’altra. Quando pubblicherò questo MIO post una AI priva di ogni fantasia ed immaginazione utilizzerà il MIO processo creativo di due ore per creare il SUO post e lo farà impiegando solo 23 millisecondi. Il SUO post sarà decisamente più elaborato e complesso del MIO, in quanto sarà la risultante derivata dall’aggregazione di milioni di scritti e dei relativi processi creativi non generati dalla AI, ma da milioni di persone dotate di fantasia ed immaginazione, peculiarità di cui essa è totalmente priva.

Ed il tutto avverrà senza che la AI infranga “legalmente” alcuna proprietà intellettuale.
Ci attendono anni interessanti.

Buona creazione di contenuti.