Divagando nei post di settore leggo ancora spesso, troppo spesso, frasi del tipo
“l’arte di stendere il colore sulla carta”
, oppure,
“lo stampatore è un mestiere per persone dall’occhio sopraffino e le mani d’oro”
… che noia, si é ancora soliti affiancare il lavoro dello stampatore al lavoro dell’artista confondendo, volontariamente od involontariamente, l’arte con la maestria; quasi come se essere realisti e togliere questa aurea “magica” al validissimo mestiere dello stampatore, oggi divenuto invero un compito altamente tecnico, lo sminuisse, lo rendesse meno importante.
Forse questo poteva avere una logica anni or sono, quando la “magia” di vedere apparire da un mostro meccanico dei fogli stampati, suscitava negli astanti un tale stupore da elevare l’operatore della macchina da stampa alla qualifica di mago e quindi di artista.
Alla base resta la considerazione che molti hanno, sia da parte di titolari d’azienda che da persone non del mestiere, di cosa significhi essere un capo-macchina oggi. Molti credono ancora che lo stampatore debba essere quella sorta di artigiano dal camice nero con le mani sporche d’inchiostro e dalla spiccata vena “artistica”; non vi è nulla di più falso.
Il buon stampatore oggi è un tecnico specializzato in: meccanica, informatica e colorimetria, il tutto condito da un pizzico di chimica. La sua abilità consiste nel saper riprodurre fedelmente e con costanza il bilanciamento cromatico definito per ogni specifica condizione di stampa.
Con la scusa de “il cliente ha sempre ragione”, si eccede invece in ampie personalizzazioni delle impostazioni di macchina ed inchiostri, addirittura durante la tiratura stessa. Inseguendo quel “mi piace” del tutto soggettivo, espresso dal cliente che supervisiona ed intralcia l’avviamento, ci si sente titolati a giustificare stravolgimenti cromatici che annullano e banalizzano tutta la filiera del colore che va dal brand owner, allo studio grafico per poi passare dal prestampa e finire al reparto di produzione lastre. Come può un banale “mi piace” prevaricare ed annichilire il lavoro svolto da una intera filiera di professionisti?
Come possiamo capire allora se siamo di fronte ad una riproduzione fedele al progetto iniziale oppure ad una pseudo-variazione sul tema? Lo strumento principe consiste nella capacità di valutazione dell’osservatore, qualità che non può certo esprimersi con i canonici “mi piace” o “non mi piace” figli del nostro banale e squallido mondo ipersoggettivo. Come può lo spropositato ego di chi vuole elevarsi al livello di pseudo-artista, sopraffare tutto il lavoro svolto in precedenza da altri? Coloro i quali pretendono di avere “l’occhio sopraffino”, si ricordino che un sarto dalle mani d’oro è tale perché coadiuvato dai suoi fedeli strumenti di lavoro; ago, filo e metro per le misure. Senza l’ausilio di tali strumenti anche il miglior sarto diviene un sarto mediocre, così come mediocre è l’osservatore che non sappia misurare e tenere sotto controllo il colore e pretenda invece di poterlo gestire “ad occhio”.
Così come quel sarto che sostenesse fieramente di “non aver bisogno del metro”, starebbe in realtà nascondendo con la propria superbia il fatto di non saper leggerne i numeri stampati; allo stesso modo lo stampatore che sostiene di “non aver bisogno dello spettrofotometro”, sta solo nascondendo la triste realtà di non saper utilizzare quegli strumenti messigli a disposizione dalla tecnologia al fine di migliorare le sue capacità valutative.
L’opera stampata è la risultante di accurate impostazioni e misurazioni necessarie per il suo adattamento al modello prestabilito dal committente. Perché non importa se l’opera che mi è stata commissionata possa piacermi o no; tutto ciò è solo frutto del gusto personale, quello che conta invece è l’osservazione e la misurazione dei canoni di accettabilità prestabiliti fra committente e stampatore.
Un’opera potrà infatti anche non piacermi ma io devo essere in grado di coglierne la qualità oggettiva, al di là del mio gusto personale. L’arte non è piacere, non è questione di gusto. L’arte è, contrariamente a ciò che molti credono, assolutamente oggettiva, con buona pace degli pseudo-artisti di cui sopra. Il gusto personale non viene mai preso in considerazione né dall’arte né dalla scienza. Si tratta sempre di attuare valutazioni oggettive. Un quadro di Picasso potrà anche sembrarvi orrendo, ma verrà eternamente considerato dai professionisti del settore un’opera d’arte eccelsa. Alla stessa stregua una buona stampa potrà anche non piacervi, ma verrà sempre ritenuta dagli esperti di settore fedele all’originale, quando questa sottostà ai canoni di qualità prestabiliti.
Smettiamola allora di confondere le capacità tecniche dello stampatore con l’arte, con tutta la stima che provo per gli artisti trovo molto più gratificante riconoscere le validissime capacità tecniche di un capo-macchina, piuttosto che spacciarlo per uno pseudo-artista. In questo settore servono tecnici capaci e non fantasiosi artisti, siate dunque sempre fieri ed orgogliosi della vostra maestria tecnica. Non lasciatevi tentare dagli eccessi richiesti da chi non è del mestiere, e ricordatevi sempre che ogni “estro creativo” attuato in macchina da stampa è utile solo a distruggere ed invalidare tutto il duro lavoro fatto dai vostri colleghi prima di voi.
La filiera del colore pone le sue fondamenta su pochi ma granitici pilastri che possiamo così riassumere: una dettagliata descrizione dei colori pieni legata alla scelta del punto di bianco, una minuziosa descrizione dell’ingrossamento del punto (TVI) coadiuvata dal bilanciamento dei grigi. Queste sono le ineludibili fondamenta su cui tutto si basa, tolte le quali non stiamo riproducendo un campione colore, ma stiamo solo bensì navigando a vista.
Ah… un ultima cosa; lasciamo gli stampatori “pittori”, quelli che al posto del Ciano mettono il blu di Prussia ed al posto del Magenta usano il Rosso Scarlatto, a chi antepone il proprio ego al rispetto del lavoro altrui, facendo così impazzire del tutto la filiera del colore.
Buona stampa.